Il buco nero del web
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L’online mangia ormai fette di fatturato. Eppure, secondo gli utenti è tutto gratis.
Google, il più grande bazar gratuito del mondo. Questa, almeno, è la percezione dell’utente che, sul proprio computer, chiede a Big G di risovere problemi e trovare risposte. Oppure di cercargli un albergo o un biglietto aereo e i potenti server sono lì a disposizione h24 e 7 giorni su 7, per cercare la soluzione ideale. E a costo zero….
Ma è proprio così? In realtà no. Quella ricerca su Google, al cliente finale, è costata, e anche non poco. Ma il “pedaggio” a Google farà un giro piuttosto tortuoso prima di ricadere sulle tasche dell’utente. Il quale, spesso, non si renderà nemmeno conto di aver indirettamente versato al motore di ricerca una somma cospicua.
ph.: Unsplash carl heyerdahl
Dal punto di vista logico, è chiaro a tutti che nessuna azienda (inclusa Google) può sopravvivere senza introiti e che quindi ha bisogno come tutte le imprese di fare utili. Ma se le ricerche sono gratis, da dove arrivano gli incassi di una delle aziende a più alto fatturato del mondo?
Una parte della risposta è: dagli investimenti pubblicitari. Ed è da qui che parte il meccanismo.
LA CATENA DEI PAGAMENTI
Per catturare il cliente, ad esempio, ogni Ota (Online Travel Agency) deve assicurarsi una buona posizione su Google. Per farlo, tra i vari mezzi, ci sono anche le promozioni a pagamento, che assicurano un ottimo posizionamento nella pagina dei risultati. La concorrenza sul motore di ricerca più utilizzato, però è alta. Così per assicurarsi una posizione che consenta di catturare il cliente si devono spendere cifre considerevoli in marketing online. Per potersi permettere investimenti miliardari, le online travel agency devono garantirsi alti introiti: questi ultimi arrivano dalle percentuali richieste ad alberghi, compagnie aeree e in generale a chi immette il proprio prodotto sulla Ota stessa. In altre parole, le cifre pagate per finanziare il marketing online vengono sottratte al fatturato di chi vende il servizio al cliente finale. E il prezzo dovrà adeguarsi al livello necessario per garantire la sopravvivenza all’hotel o alla compagnia stessa.
Dunque, la cifra pagata dal cliente per l’hotel comprenderà, virtualmente, anche la somma incassata da Google per la promozione online.
ph.: Coal Drops Yard
QUANTO COSTA LA COMMISSIONE
Ma quello che accade sul web è molto diverso da ciò che succede con altre forme di intermediazione? Per certi versi si. Anche se è chiaro che tutti i canali necessitano di una remunerazione e, quindi, hanno un costo. Il quale andrà a incidere sulla cifra pagata dall’utente finale.
Insomma, qualche differenza effettivamente c’è. Senza contare che la distribuzione tradizionale è un panorama sicuramente più variegato dei motori di ricerca; e senza calcolare che il passaggio tra distributore e il motore di ricerca stesso rappresenta in fondo una sorta di “gradino” ulteriore della filiera.
Ma la vera differenza, in fondo, è nella percezione dell’utente finale che il più delle volte non ha l’immediata idea di quanto il web possa costare. Un prezzo da pagare che, come è inevitabile che sia, ricade necessariamente sulle tasche dello stesso utilizzatore finale del servizio.
(Fonte ricerca: TTG Italia – Distribuzione Tecnologia)
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